Il cinema è arte o industria? Coppola sembra avere un’idea precisa

Frame tratto dal film Megalopolis di Francis Ford Coppola

Come si fa il cinema? Cosa è un film? Quali sono le caratteristiche di un autore cinematografico? A quali compromessi deve scendere un regista con il sistema dell’industria filmica? Queste domande, a cui è estremamente difficile dare delle risposte, sono di fatto l’essenza del cinema stesso.

Naturalmente, dovrei affrontare questioni che riguardano la storia di Hollywood, lo star-system e lo studio-system, il marketing, la politica delle major, l’influenza delle piattaforme digitali, ma anche il cinema indipendente, quello europeo e americano. Discorsi troppo lunghi e complessi per lo spazio di un articolo, discorsi che però sono emersi chiaramente in occasione della distribuzione internazionale (anche italiana) del film di Francis Ford Coppola Megalopolis.

Opera monumentale, convulsa, pirotecnica, magniloquente sotto il profilo linguistico, estetizzante (troppo), visionaria, volutamente sconnessa, zeppa di effetti digitali, Megalopolis si configura come una sorta di manifesto di politica culturale cinematografica. Dunque, limitare la riflessione su questo “prodotto” alla logica asfittica della recensione è a mio avviso pratica non adeguata ad affrontare i problemi che vengono posti.

Il film è chiaro nei suoi intenti ma molto confusionario per quel che riguarda gli aspetti registico-visivi e decisamente banale (questo bisogna dirlo chiaramente) per ciò che concerne la sfera contenutistica. Il parallelo tra il mondo moderno americano e il declino rovinoso dell’Impero Romano è decisamente azzardato, se non privo di fondamento, a meno che ci si voglia agganciare a una interpretazione troppo semplicistica, dal punto di vista storicistico, filosofico e politico, della realtà odierna.

Adam Driver nel film Megalopolis di Francis Ford Coppola

Chiarito questo punto, mi sembra necessario, però, non procedere (come già detto) a una “stroncatura” dettagliata che non renderebbe merito al tentativo che Coppola ha, con grande fatica finanziaria e umana, messo in pratica. Megalopolis è, infatti, un lavoro che fa emergere tutte le problematiche che ho evocato all’inizio di questo articolo. Coppola ha anticipato l’uscita di questa sua prova cinematografica in Italia, ma non solo, con dichiarazioni molto chiare. “Non ditemi come si deve fare cinema”, ha affermato l’autore di capolavori come La conversazione e Apocalypse Now. E ancora:“Il cinema non è la Coca-Cola”. Ebbene, quelle sollevate dal regista de Il Padrino, sono tematiche che certamente al pubblico di massa non interessano. Ma a un autore sì, eccome se interessano.

Il punto è cercare di distinguere l’industria del cinema che è sempre più invasiva, potente, per certi versi dittatoriale, e il mondo di autore che dovrebbe, in teoria, rispondere solo alla sua sensibilità e alla sua poetica. È possibile conciliare questi due fattori? A mio avviso, proprio Hollywood in passato è riuscita in questa impresa apparentemente impossibile. Oggi, non più. La macchina delle major si è fatta più vorace, sterile e, per molti versi, ottusa. Ed è ovvio che un gigante del cinema viva questa situazione con insofferenza e tensione artistica ed esistenziale.

Per autoprodursi Megalopolis, Coppola ha dovuto disfarsi di alcune sue proprietà. Il film è costato 120 milioni di dollari e probabilmente, visti gli incassi negli USA e anche in Europa, sarà un flop commerciale spaventoso. Ma Francis Ford Coppola ha potuto permettersi un flop di queste proporzioni perché ha messo i suoi soldi.

Poniamoci, a questo punto, una domanda: un autore che vive le stesse angosce creative del regista di Cotton Club senza avere le sue disponibilità economiche potrà mai realizzare cinema totalmente libero e personale? E soprattutto, ha senso inseguire ideali artistici basati solo sul concetto di libertà espressiva?

SUL WEB
IMDB. Il film Megalopolis di Francis Ford Coppola

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